Nell’elaborato di tesi che ho presentato al termine dei miei studi di traduzione (Master in Traduzione specialistica inglese > italiano con il consorzio ICoN in collaborazione con le Università di Pisa e di Genova) mi sono occupata di un white paper di IBM sul machine learning e ho avuto modo di fare chiarezza sulle relazioni gerarchiche tra i campi concettuali corrispondenti ai termini più usati in questo ambito, come artificial intelligence, deep learning, neural network, cognitive computing, big data, nonché lo stesso machine learning.
Esiste un libro omonimo appartenente alla stessa serie “For Dummies®”, ma scritto da autori diversi (Massaron e Mueller) e concernente una tipologia testuale con funzione comunicativa molto diversa da quella del testo in esame, poiché caratterizzata maggiormente dalla funzione referenziale/informativa, a scapito di quella conativa.
Si tratta di un manuale completo e di grande leggibilità, come tutti quelli della serie “For Dummies®”, ma anche molto tecnico e orientato verso la programmazione dei sistemi di machine learning, mentre l’ebook di IBM su cui ho impostato il mio lavoro è molto più elementare e meno tecnico. Ecco il link di Amazon da cui è possibile acquistarlo.

Una dovuta premessa: IBM (International Business Machine), a cui si deve la pubblicazione del white paper in esame, è una ditta che nel settore non è solo leader, ma così imponente e autorevole da coniare delle espressioni, come “cognitive computing”, e da aver un proprio stile nella traduzione di alcuni termini, ad esempio “big data”, il quale è di solito reso in italiano con le iniziali maiuscole, ma nei testi di IBM presenta invece le iniziali minuscole in italiano come in inglese.
IBM ha da sempre rivestito un ruolo pioneristico nella storia dell’informatica: a titolo esemplificativo l’uscita nel 1981 del PC IBM rappresenta una pietra miliare nella storia dei computer.
Anche gli albori della storia dell’intelligenza artificiale e del machine learning sono legati proprio a IBM. Infatti il termine “artificial intelligence” venne coniato nel 1956 durante la conferenza di Dartmouth, dedicata proprio a questo tema, in cui IBM figurava fra gli organizzatori.
Solo tre anni dopo il ricercatore IBM Arthur Lee Samuel coniò il termine “machine learning”, in occasione di uno studio basato su un computer in grado di apprendere a giocare a dama, spiegando il suo approccio nell’articolo pubblicato su IBM Journal of Research and Development.
Inoltre uno dei prodotti di spicco di IBM è Watson, un sistema di intelligenza artificiale per le aziende (che prende il nome dal primo presidente del colosso americano dell’informatica), mai citato nel testo, ma a questo implicitamente collegato in modo molto stretto, in quanto in grado di gestire grandi quantità di dati non strutturati per trasformarle in informazioni strutturate prima e decisioni poi: funzionalità queste di cui l’importanza è ribadita molte volte nel corso del testo.
In particolare, l’associazione tra IBM e cognitive computing è particolarmente accentuata, tanto da far sì che il termine “cognitive computing” non sia contemplato nel glossario di Microsoft.
È apparsa un’ipotesi plausibile all’autrice di questo elaborato il fatto che questa assenza sia il risultato di una guerra “terminologica” tra competitor.

Tale ipotesi è suffragata da fatto che sia Microsoft che IBM abbiano sviluppato dei prodotti simili di Machine learning as a service (MLaaS): Azure e Watson.
Tenendo conto di tali presupposti è stato possibile rappresentare gli iponimi del termine “intelligenza artificiale” in una Matryoshka.


Mentre “cognitive computing” si configura in ambito IBM come in iperonimo del termine “intelligenza artificiale”: Il livello più ampio, o la Matryoshka più grande, è il Cognitive Computing.

Il cognitive computing si basa infatti non solo sull’informatica, ma anche sulla scienza cognitiva, allo scopo di imitare il ragionamento umano e potersi interfacciare al meglio con quest’ultimo.
Analizzerò in futuro i termini qui introdotti…