7 curiosità sul tè

  • Il 21 maggio è la giornata internazionale del tè: una bevanda che non è solo rinfrescante, stimolante e dai mille benefici, ma che per molti popoli e per molte persone rappresenta un proprio rito.
  • Il modo di chiamare il tè nel mondo deriva principalmente da due radici: quella cinese cha se il tè nel passato arrivava via terra, quella inglese tea se arrivava via mare. L’unica eccezione è rappresentata dal portoghese, poiché in Portogallo la tradizione del tè è più antica di quella del resto d’Europa e deriva da contatti diretti avuti con l’estremo Oriente, senza l’intermediazione degli inglesi.
  • In inglese c’è addirittura un modo di dire molto famoso legato al tè: not my cup of tea (il cui significato letterale è “non la mia tazza di tè”), che si usa per esprimere che non si ha affinità con qualcosa. Pur essendo un modo di dire tipicamente britannico, è molto diffuso anche negli Stati Uniti, dove questa bevanda non è così apprezzata come in Gran Bretagna.

  • Esiste un’espressione più arcaica di not my cup of tea con lo stesso significato ed è not my dish of tea: il dish è una tazza senza i manici e le origini di questa espressione risalgono al fatto che le preziose porcellane venivano importate dall’oriente… e incolonnare le ciotole senza manici faceva risparmiare molto spazio nelle navi mercantili provenienti dall’Est.
  • I riferimenti al tè nella letteratura sono molto presenti. Banana Yoshimoto, nei cui libri, non a caso il tè viene nominato molto spesso, in particolare in “Il lago” scrive good tea is eloquent enough, it turns out, to change a person’s mind: “il buon tè è un buon oratore, riesce a far cambiare idea alle persone”.
  • La parola tea compare anche nell’incipit della versione in inglese di Kitchen (il libro forse più famoso di Banana Yoshimoto) ma non in quella italiana: questo è dovuto al fatto nel romanzo in inglese si fa menzione delle tea towels, termine che il traduttore italiano ha scelto di rendere con strofinacci, non essendo il tè così radicato nella tradizione italiana.

Ecco l’incipit di Kitchen in italiano:

“Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com’è fatta: purché‚ sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano. Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire. Mi piacciono col pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche che la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi, di una grandezza esagerata.”

Nel seguente passo il riferimento al tè, semplice, delicato, ma allo stesso modo molto profondo e quasi commovente (come, a parer mio, tutto ciò che scrive questa autrice) è stato invece mantenuto.

May the memory of this moment, here, the glowing impression of the two of us facing each other in this warm, bright place drinking lovely hot tea, help save him, even a little bit.

“Pregai che il ricordo di questo momento in cui prendevamo un tè delizioso e bollente seduti l’uno di fronte all’altro in un posto piacevole e caldo restasse in lui come una scia luminosa e lo aiutasse.”

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